Archivi categoria: Enterprise Security

Azure Security: Best Practices per migliorare la security posture

La tendenza ad avere sempre più frequentemente soluzioni nel cloud e architetture ibride impone di adottare elevati standard di sicurezza per il proprio ambiente. Ma come è possibile ottenere un’efficace sicurezza del cloud per Azure e quali best practice è opportuno seguire? In questo articolo vengono riportate in modo sintetico le principali pratiche che è opportuno adottare in Azure per garantire un elevato livello di sicurezza e migliorare le security posture.

Attivazione MFA e restrizioni per gli accessi amministrativi

Per le utenze con diritti amministrativi è opportuno attivare l’autenticazione tramite meccanismi di Multi-factor Authentication (MFA). A questo proposito è molto interessante valutare meccanismi di autenticazione passwordless che prevedono che la password sia sostituita con qualcosa che si possiede più qualcosa che si è o che si conosce.

Microsoft attualmente offre tre distinti scenari di autenticazione passwordless:

Azure Active Directory offre la possibilità di attivare meccanismi di MFA, compresa l’autenticazione passwordless. Meccanismi di MFA basati sui messaggi di testo sono più facilmente aggirabili, quindi è bene indirizzarsi su meccanismi di Multi-factor Authentication differenti oppure passwordless.

Ridurre al minimo il numero di persone e il relativo periodo temporale, per l’accesso amministrativo alle risorse Azure, è una pratica da adottare perché riduce la possibilità che un attore malintenzionato ottenga un accesso amministrativo oppure che un utente autorizzato influisca inavvertitamente su una specifica risorsa. Per consentire l’esecuzione di azioni amministrative agli utenti autorizzati si può offrire un accesso privilegiato just-in-time (JIT) alle risorse Azure ed Azure AD. A questo scopo l’adozione del servizio Azure Active Directory (Azure AD) Privileged Identity Management (PIM) che consente di gestire, controllare e monitorare gli accessi alle risorse aziendali è una buona pratica da adottare.

Un altro aspetto chiave da considerare è l’utilizzo di postazioni di lavoro sicure e isolate per i ruoli sensibili. In questo documento ufficiale Microsoft è possibile ottenere maggiori dettagli a riguardo.

Segmentazione e adozione del modello Zero Trust

Il modello di sicurezza, definito Zero trust e in contrasto con i modelli convenzionali basati sulla sicurezza perimetrale, prevede l’adozione di un approccio legato alla micro-segmentazione e alla definizione di perimetri granulari nella propria architettura di rete. Per contenere i rischi di sicurezza è bene adottare una strategia di segmentazione chiara e semplice, che permette alle parti interessate una chiara comprensione, per agevolare un monitor e una gestione efficace. Sarà poi utile assegnare le autorizzazioni necessarie e gli opportuni controlli di rete.

A questo proposito si riporta un design di riferimento per quanto riguarda il modello amministrativo di Azure:

Figura 1 – Reference Design – Azure Administration Model

Nella figura seguente viene mostrato il modello tipico di rete Hub-Spoke, dove l’Hub è una rete virtuale in Azure che funge da punto di connettività verso la rete on-premises e gli Spoke sono le reti virtuali che eseguono il peering con l’Hub e possono essere usate per isolare i carichi di lavoro.

Figura 2 – Reference Enterprise Design – Azure Network Security

Adozione di una opportuna “Firewall Strategy”

L’adozione di una soluzione firewall in ambiente Azure per proteggere e segregare al meglio i flussi di rete è ormai obbligata.

La scelta può prevedere l’adozione di:

  • Soluzioni Microsoft totalmente integrate nella piattaforma, come Azure Firewall, affiancato dal Web App Firewall (WAF) dell’Application Gateway, un load balancer applicativo (OSI layer 7) per il traffico web, che consente di governare il traffico HTTP e HTTPS delle applicazioni. Il modulo Web Application Firewall (WAF) per le pubblicazioni web consente di ottenere una protezione applicativa, basandosi su regole OWASP core rule sets. Il WAF protegge gli applicativi da vulnerabilità e da attacchi comuni, come ad esempio attacchi X-Site Scripting e SQL Injection. Tali soluzioni sono idonee per la maggior parte degli scenari e offrono funzionalità intrinseche di alta disponibilità e scalabilità oltre che una semplice configurazione e gestione centralizzata.
  • Soluzioni fornite da vendor di terze parti e disponibili nel marketplace di Azure. Le Network Virtual Appliances (NVAs) sono numerose, possono offrire funzionalità avanzate e consentono di dare una continuità nell’esperienza d’uso rispetto alle soluzioni già attive nell’ambiente on-premises. Tipicamente la configurazione di queste soluzioni è più articolata e il costo è tendenzialmente più elevato rispetto alle soluzioni Microsoft.

Scelta di una soluzione di DDoS Mitigation per gli applicativi critici

Molto importante è la protezione di tutti gli applicativi critici da attacchi informatici di tipologia denial-of-service distribuiti (attacchi DDoS – Distributed Denial of Service). Questi attacchi sono rivolti a far esaurire deliberatamente le risorse di un determinato sistema che eroga un servizio ai client, come ad esempio un sito web ospitato su dei web server, al punto da renderlo non più in grado di erogare il servizio a coloro che lo richiedono in modo legittimo.

In Azure la protezione da attacchi DDoS è disponibile in due differenti tiers: Basic oppure Standard.

Figura 3 – Comparativa delle funzionalità dei tiers disponibili per la protezione DDoS

La protezione Basic è abilitata di default nella piattaforma Azure, la quale effettua costantemente il monitor del traffico e applica in tempo reale delle mitigazioni agli attacchi di rete più comuni. Questo tier fornisce lo stesso livello di protezione adottato e collaudato dai servizi online di Microsoft ed è attiva per gli indirizzi IP Pubblici di Azure (Pv4 e IPv6). Non è richiesta alcun tipo di configurazione per il tier Basic.

L’Azure DDoS Protection di tipologia Standard fornisce delle funzionalità di mitigation aggiuntive rispetto al tier Basic, che sono ottimizzate in modo specifico per le risorse dislocate nelle virtual network di Azure. Le policy di protezione sono auto-configurate e vengono ottimizzate effettuando un monitoraggio specifico del traffico di rete e applicando degli algoritmi di machine learning, che consentono di profilare nel modo più opportuno e flessibile il proprio applicativo studiando il traffico generato. Nel momento in cui vengono superate le soglie impostate nella policy di DDoS, viene in automatico avviato il processo di DDoS mitigation, il quale viene sospeso nel momento in cui si scende al di sotto delle soglie di traffico stabilite. Queste policy vengono applicate a tutti gli IP pubblici Azure (IPv4) associati alle risorse presenti nelle virtual network, come: macchine virtuali, Azure Load Balancer, Azure Application Gateway, Azure Firewall, VPN Gateway e istanze Azure Service Fabric.

Adozione di Azure Security Center

Azure Security Center è una soluzione nel cloud che consente di prevenire, rilevare e rispondere alle minacce di sicurezza che interessano le risorse Azure e workloads in ambienti ibridi. Per migliorare le security posture del proprio ambiente Azure è fondamentale valutare l’adozione di questa soluzione che viene offerta in due possibili tiers:

  • Free tier. In questo tier Azure Security Center è totalmente gratuito ed effettua un assessment continuo, fornendo delle raccomandazioni relative alla sicurezza dell’ambiente Azure.
  • Standard tier. Rispetto al tier free aggiunge funzionalità avanzate di rilevamento delle minacce, utilizzando l’analisi comportamentale e l’apprendimento automatico per identificare attacchi e exploit zero-day. Attraverso tecniche di machine learning e tramite la creazione di whitelist è possibile controllare l’esecuzione delle applicazioni per ridurre l’esposizione agli attacchi di rete e ai malware. Inoltre, il livello standard aggiunge la possibilità di effettuare in modo integrato un Vulnerability Assessment per le macchine virtuali in Azure. Lo standard Security Center Standard supporta diverse risorse Azure tra cui: VMs, Virtual machine scale sets, App Service, SQL servers, e Storage accounts.

Figura 4 – Confronto tra i tiers di Azure Security Center

Azure Security Center assegna un punteggio al proprio ambiente, utile per monitorare il profilo di rischio e cercare di migliorare costantemente le security posture, applicando delle azioni di remediation. Buona norma è verificare con cadenza regolare (almeno mensile) il security score fornito da Azure Security Center e programmare le iniziative finalizzate a migliorare specifici ambiti. Inoltre, è consigliato verificare attentamente gli alert che Security Center nel tier standard genera quando rileva potenziali minacce di sicurezza sulle proprie risorse. Security Center stabilisce le priorità, elenca gli alert, fornisce le informazioni necessarie per esaminare rapidamente i problemi e fornisce consigli su come risolvere eventuali attacchi.

Introdurre la sicurezza durante nelle fasi di sviluppo e rilascio

L’adozione di modelli DevOps per implementare applicazioni e servizi in Azure consentono, oltre che fornire la massima agilità, di ottenere benefici in termini di sicurezza. Nei modelli DevOps è possibile coinvolgere nelle fasi di sviluppo e gestione i team dedicati al controllo della qualità e della sicurezza durante tutto il ciclo di vita dell’applicazione. Utilizzando processi di Infrastructure-as-Code (IaC) è infatti possibile definire e monitorare la conformità su larga scala.

Non utilizzare tecnologie legacy

In ambiente Azure non è consigliata l’adozione delle classiche soluzioni Network Intrusion Detection System (NIDS) e Network Intrusion Prevention Systems (NIPS) in quanto la piattaforma è in grado di filtrare nativamente i pacchetti malformati. Le soluzioni NIDS / NIPS classiche si basano in genere su approcci obsoleti basati sulla firma che possono essere facilmente elusi durante tentativi di attacco e in genere producono un alto tasso di falsi positivi.

Conclusioni

Raggiungere un elevato livello di sicurezza degli ambienti Azure è una sfida importante che deve necessariamente essere vinta e prevede un costante lavoro di controllo, revisione e aggiornamento delle security posture. In questo articolo sono state riportate quelle che sono ritenute le principali best practice di sicurezza date da una diretta esperienza sul campo, che è sempre bene arricchirle adottando ulteriori accorgimenti.

Azure Security: come effettuare un Vulnerability Assessment tramite Azure Security Center

Azure Security Center, la soluzione cloud che consente di prevenire, rilevare e rispondere alle minacce di sicurezza che interessano le risorse Azure e i workloads in ambienti ibridi, è stata recentemente arricchita con la possibilità di effettuare in modo integrato un Vulnerability Assessment per le macchine virtuali in Azure. In questo articolo viene riportato come è possibile portare a termine un processo di valutazione delle vulnerabilità tramite Azure Security Center, esaminando le caratteristiche della soluzione.

La scansione delle vulnerabilità inclusa in Azure Security Center (ASC) viene effettuata tramite la soluzione Qualys, il quale risulta essere riconosciuto come strumento leader per identificare in tempo reale eventuali vulnerabilità presenti sui sistemi. Per poter utilizzare questa funzionalità è necessario aderire al tier standard di Security Center e nel caso specifico non sarà necessario prevedere costi aggiuntivi di licensing. Il tier Standard aggiunge anche funzionalità avanzate di rilevamento delle minacce (tra cui threat intelligence), analisi comportamentale, rilevamento delle anomalie e di incidenti di sicurezza e report di attribuzione delle minacce.

Qualora si voglia mantenere il tier Free di ASC è comunque possibile effettuate il deploy di soluzioni per effettuare una valutazione delle vulnerabilità, quali Qualys e Rapid7, ma è necessario prevedere la gestione dei costi di licensing, la distribuzione e la configurazione. Per maggiori dettagli in merito al costo di Azure Security Center e per un confronto tra il tier Free e quello Standard si rimanda alla documentazione ufficiale Microsoft.

La metodologia più rapida e immediata per effettuare una scansione delle vulnerabilità in Azure è utilizzare la soluzione Qualys integrata nel Standard Tier di Azure Security Center. Per abilitarla è sufficiente accedere alle Recommendations di ASC e selezionare “Enable the built-in vulnerability assessment solution on virtual machines (powered by Qualys)“, come mostrato dall’immagine seguente:

Figura 1 – Recommendation di Azure Security Center per abilitare la solution di vulnerability assessment

Selezionando questa opzione le macchine virtuali Azure vengono suddivise nelle seguenti categorie:

  • Healthy resources: sistemi dove è stato effettuato il deploy dell’estensione per portare a termine una scansione delle vulnerabilità.
  • Unhealthy resources: machine dove è possibile abilitare l’estensione per eseguire una scansione delle vulnerabilità.
  • Not applicable resources: sistemi dove non è presente l’estensione e che non è possibile l’abilitazione in quanto appartengono al tier free di ASC oppure perché il sistema operativo rientra tra quelli non supportati. Tra I sistemi operative supportati troviamo: RHEL 6.7/7.6, Ubuntu 14.04/18.04, Centos 6.10/7/7.6, Oracle Linux 6.8/7.6, SUSE 12/15, e Debian 7/8.

Figura 2 – Abilitazione della solution

Selezionando le macchine di interesse e premendo il pulsante Remediate verrà effettuato l’onboarding delle stesse nella soluzione built-in di Vulnerability Assessment. Ne consegue che sui sistemi sarà installata l’extension specifica e al termine dell’installazione sarà avviata in modo automatico la prima scansione. L’extesion si basa sull’Azure Virtual Machine agent e viene pertanto eseguita nel contesto Local Host sui sistemi Windows, e Root su quelli Linux.

Si riportano i nomi dell’extension che sarà presente sui sistemi abilitati, per le quali il provider sarà sempre Qualys:

  • Macchine Linux: “LinuxAgent.AzureSecurityCenter”
  • Macchine Windows: “WindowsAgent.AzureSecurityCenter”

Per quanto riguarda gli aggiornamenti dell’extension valgono le stesse regole che vengono applicate anche per altre extension e quindi le minor version dello scanner di Qualys saranno distribuite in modo automatico in seguito a una approfondita fase di test. In alcuni casi potrebbe essere necessarie delle azioni manuali per portare a termine l’aggiornamento.

Al termine della scansione eventuali vulnerabilità rilevate sui sistemi saranno riportate nelle Recommendations di ASC.

Figura 3 – Notifica di ASC che riporta la presenza di recommendations relative alle vulnerabilità intercettate

Selezionando la raccomandazione vengono riportati i dettagli di tutte le vulnerabilità rilevate, della severity e del relativo stato:

Figura 4 – Elenco delle vulnerabilità di security rilevate

Selezionando la singola vulnerabilità si possono consultare i dettagli, i potenziali impatti, le azioni per effettuare la remediation e i sistemi interessati.

Figura 5 – Informazioni riportate per ogni singola vulnerabilità rilevata

Conclusioni

Per rafforzare le security posture del proprio ambiente è sicuramente opportuno valutare l’adozione di Azure Security Center nel tier standard, che tra le varie funzionalità permette di controllare che siano applicati in modo rigoroso tutti i criteri di sicurezza e consente di monitorare costantemente i criteri di conformità. L’inclusione nella soluzione di uno strumento di valutazione delle vulnerabilità, fornito da Qualys, leader indiscusso del settore, aggiunge ulteriore valore alla soluzione, potendo attingere anche alla conoscenza maturata da questo vendor nella scoperta delle vulnerabilità.

[VIDEO] – Architecting and Implementing Azure Networking

Per implementare cloud ibridi in modo sicuro e allo stesso tempo funzionale è fondamentale una conoscenza approfondita dei vari aspetti legati al networking di Azure. Recentemente ho avuto il piacere di partecipare alla Cloud Conferenze Italia dove ho tenuto una sessione relativa al Networking di Azure. A questo proposito riporto il video della sessione dove vengono esplorati a 360° gli elementi chiave da tenere in considerazione per realizzare architetture di rete ibride, sfruttando al meglio i vari servizi offerti dalla piattaforma Azure, al fine di realizzare la miglior integrazione con l’ambiente on-premises, senza mai trascurare la sicurezza. Durante l’intervento sono stati approfonditi scenari avanzati di architetture di rete ibride, mostrando esempi reali, frutto di un’esperienza diretta sul campo.

L’encryption dei dati in Azure

Uno degli ambiti relativi al miglioramento delle Security Posture del sistema informativo aziendale è certamente la crittografia del dato che, tramite l’adozione di tecniche specifiche, permette di rendere leggibili i dati solamente a chi possiede la soluzione per decifrarli. In questo articolo viene fornita una panoramica di come l’encryption viene adottata in Azure e vengono riportati i riferimenti per effettuare ulteriori approfondimenti.

Per proteggere i dati nel cloud, è necessario prima di tutto prendere in considerazione i possibili stati in cui i dati possono trovarsi e valutare di conseguenza i relativi controlli che è possibile attuare. Le procedure consigliate per la sicurezza e la crittografia dei dati, in particolare in Azure, riguardano i seguenti stati:

  • At rest: include tutte le informazioni che risiedono in modo statico sui supporti storage fisici, sia magnetici che ottici.
  • In transito: quando i dati vengono trasferiti tra componenti, location oppure servizi, vengono definiti in transito. Ad esempio, il trasferimento di dati attraverso la rete, tramite un service bus oppure durante processi di input / output.

Encryption at Rest

L’Encryption at Rest è una tecnica fortemente raccomandata ed è un requisito prioritario per molte organizzazioni per adempiere a politiche di governance e di conformità dei dati. Differenti regolamenti specifici del settore e di governo, impongono la presenza di misure obbligatorie in materia di protezione e di crittografia dei dati. L’Encryption at Rest prevede quindi la crittografia del dato quando è persistente e viene utilizzata, oltre che per soddisfare i requisiti di conformità e normativi, anche per avere un elevato livello di protezione dei propri dai. La piattaforma Azure prevede nativamente l’adozione di avanzati meccanismi di sicurezza fisica, di controllo dell’accesso ai dati e di audit. Tuttavia, è importante adottare misure di sicurezza sovrapposte per far fronte a potenziali fallimenti, e l’Encryption at Rest è un’ottima soluzione per garantire la riservatezza, la conformità e la sovranità dei dati.

Modelli di crittografia dei dati lato server

I modelli di crittografia dei dati lato server si riferiscono alla crittografia eseguita dai servizi Azure. In questo modello è l’Azure Resource Provider che esegue le operazioni di crittografia e decrittografia. In Azure sono disponibili diversi modelli di Encryption at Rest lato server, ciascuno dei quali con caratteristiche differenti nella gestione delle chiavi, che possono essere applicati alle differenti risorse Azure:

  • Crittografia lato server mediante chiavi gestite dal servizio. In questo scenario le chiavi di crittografia vengono gestire da Microsoft e risulta essere una buona combinazione tra controllo e praticità.
  • Crittografia lato server usando chiavi gestite dal cliente in Azure Key Vault. Con questa modalità le chiavi di crittografia vengono controllate dal cliente tramite Azure Key Vault, ed è incluso il supporto per utilizzare le proprie chiavi (BYOK).
  • Crittografia lato server che utilizza chiavi gestite dal cliente su hardware controllato dal cliente. Questa metodologia permette al cliente di controllare le chiavi che risiedono su un repository controllato dal cliente, al di fuori del controllo Microsoft. Questa caratteristica è chiamata Host Your Own Key (HYOK). Tuttavia, la configurazione è articolata e al momento la maggior parte dei servizi di Azure non supporta questo modello.

Figura 1 – Server-side encryption model

Modelli di crittografia dei dati lato client

Il modello di crittografia dei dati lato client si riferisce alla crittografia eseguita all’esterno di Azure e viene effettuata direttamente dal servizio o dall’applicazione chiamante. Quando si adotta questo modello di crittografia, il Resource Provider in Azure riceve i dati crittografati senza la possibilità di decifrarli o di accedere alle chiavi di crittografia. In questo modello, la gestione delle chiavi viene eseguita dal servizio o dall’applicazione chiamante ed è oscura per il servizio Azure.

Figura 2 – Client-side encryption model

Encryption at Rest per i principali servizi Azure

Azure Storage

Azure Storage provvede in automatico alla crittografa dei dati quando vengono resi persistenti nell’ambiente cloud. Infatti, tutti i servizi Azure Storage (Blob storage, Queue storage, Table storage, ed Azure Files) supportano la crittografia dei dati at rest lato server ed alcuni di questi supportano anche la crittografia dei dati lato client e le chiavi di encryption gestite dal cliente.

  • Server-side: tutti i servizi storage di Azure di default hanno abilitata l’encryption server-side mediante chiavi gestite dal servizio. Per gli Azure Blob storage e gli Azure Files è supportata anche la crittografia usando chiavi gestite dal cliente in Azure Key Vault. La tecnologia utilizzata è chiamata Azure Storage Service Encryption, in grado in automatico di crittografare i dati prima di essere memorizzati e di decodificarli quando vengono acceduti. Questo processo è completamente trasparente all’utente e prevede l’utilizzo della crittografia AES a 256 bit, una delle crittografie a blocchi più potenti attualmente disponibili. La crittografia di Azure Storage è simile alla crittografia BitLocker in ambiente Windows. L’ Azure Storage encryption è abilitata di default per tutti i nuovi storage account e non può essere disabilitata. Gli storage account sono crittografati indipendentemente dal livello di prestazioni (standard o premium) o dal modello di distribuzione (Azure Resource Manager o classico). Tutte le opzioni di ridondanza previste per gli storage account supportano la crittografia e tutte le copie di uno storage account sono sempre crittografate. La crittografia non influisce sulle prestazioni degli storage account e non prevede costi aggiuntivi.
  • Client-side: questa encryption è al momento supporta da Azure Blobs, Tables, e Queues. Quando utilizzata il dato viene crittografato dal cliente gestendo le proprie chiavi e ne viene fatto l’upload come blob criptato.

Macchine Virtuali

Tutti i Managed Disks, le Snapshots e le immagini delle macchine virtuali in Azure sono criptati utilizzando Storage Service Encryption tramite chiavi gestite dal servizio. Durante l’elaborazione dei dati su una macchina virtuale, i dati possono essere mantenuti nel file di paging di Windows o nel file di swap Linux, in un crash dump oppure in un application log. Per ottenere quindi una soluzione di Encryption at Rest più completa su macchine virtuali IaaS e per dischi virtuali, che garantisce che i dati non vengano mai mantenuti in forma non crittografata, è necessario utilizzare Azure Disk Encryption . Questa funzionalità consente di proteggere macchine virtuali Windows, utilizzando la tecnologia Windows BitLocker, e le macchine virtuali Linux tramite DM-Crypt. Affidandosi ad Azure Disk Encryption si ottiene una protezione completa dei dischi del sistema operativo e dei volumi dati. Le chiavi di Encryption e i secrets sono protette all’interno del proprio Azure Key Vault. La protezione di macchine virtuali encrypted è supportata dal servizio Azure Backup. Per maggiori informazioni in merito ad Azure Disk Encryption è possibile consultare la documentazione ufficiale Microsoft.

Azure SQL Database

Azure SQL Database attualmente supporta la crittografia at rest secondo le seguenti modalità:

  • Server-side: l’encryption lato server è garantita tramite una funzionalità di SQL chiamata Transparent Data Encryption (TDE) e può essere attivata sia a livello di server che di database. A partire da giugno 2017 questa funzionalità è attiva di default per tutti i nuovi database. TDE protegge i dati e i file di log di SQL, utilizzando algoritmi di crittografia AES e Triple Data Encryption Standard (3DES). La crittografia dei file dei database viene eseguita a livello di pagina, le quali vengono crittografate prima di essere scritte su disco e vengono de-crittografate quando vengono lette in memoria.
  • Client-side: la crittografia dei dati lato client per Azure SQL Database è supportata tramite la funzionalità Always Encrypted, che utilizza chiavi generate e memorizzate lato client. Adottando questa tecnologia è possibile crittografare i dati all’interno delle applicazioni client prima di archiviarli nell’Azure SQL database.

Così come per Azure Storage e per Azure SQL Database, anche per molti altri servizi Azure (Azure Cosmos DB, Azure Data Lake, etc.) l’encryption dei dati at rest avviene di default, ma per altri servizi può essere attivata opzionalmente.

Encryption in Transit in Azure

Anche la protezione dei dati in transito deve essere un elemento essenziale da tenere in considerazione nella propria strategia di protezione dei dati. In genere è consigliato proteggere lo spostamento e lo scambio dei dati utilizzando sempre i protocolli SSL / TLS. In determinate circostanze, potrebbe essere opportuno isolare l’intero canale di comunicazione tra l’ambiente on-premises e il cloud utilizzando una VPN. Microsoft utilizza il protocollo TLS (Transport Layer Security) per proteggere i dati quando viaggiano tra i servizi cloud e i clienti. Infatti, viene negoziata una connessione TLS tra i datacenter Microsoft e i sistemi client che si connettono ai servizi di Azure. Il protocollo TLS garantisce autenticazione avanzata, privacy dei messaggi e integrità (consente il rilevamento di manomissioni, intercettazione e falsificazione dei messaggi).

Conclusioni

Il tema della protezione tramite encryption dei dati archiviati in ambiente Azure è ritenuto di fondamentale importanza per coloro che decidono di affidarsi ai servizi nel cloud. Sapere che tutti i servizi Azure forniscono opzioni di crittografia at rest e che per i servizi di base la crittografia è abilitata di default, è sicuramente molto confortante. Alcuni servizi supportano anche il controllo delle chiavi di encryption da parte del cliente e la crittografia lato client per offrire un maggiore livello di controllo e flessibilità. Microsoft sta migliorando costantemente i propri servizi per garantire un maggiore controllo delle opzioni di crittografia at rest ed ha l’obiettivo di abilitare l’encryption at rest come impostazione predefinita per tutti i dati dei clienti.

Come controllare l’esecuzione delle applicazioni tramite Azure Security Center

Azure Security Center mette a disposizione diversi meccanismi per prevenire le minacce di sicurezza e per ridurre le superfici di attacco del proprio ambiente. Uno di questi meccanismi è l’Adaptive Application Controls, una soluzione in grado di controllare quali applicazioni vengono eseguite sui sistemi. Azure Security Center utilizza il motore di machine learning per analizzare le applicazioni in esecuzione sulle macchine virtuali e sfrutta l’intelligenza artificiale per mettere a disposizione una lista di applicazioni consentite. In questo articolo vengono riportati i benefici che si possono ottenere adottando questa soluzione e come effettuare la configurazione.

Adottando questa soluzione, disponibile utilizzando il tier Standard di Azure Security Center, è possibile effettuare le seguenti operazioni:

  • Essere avvisati a fronte di tentativi di esecuzione di applicazioni malevole, che potenzialmente potrebbero non essere individuate da soluzioni antimalware. Per i sistemi Windows presenti su Azure è possibile anche applicare dei blocchi di esecuzione.
  • Rispettare la compliance aziendale, permettendo l’esecuzione solo di software regolarmente licenziato.
  • Evitare l’utilizzo di software non voluto oppure obsoleto all’interno della propria infrastruttura.
  • Controllare l’accesso ai dati sensibili che avviene utilizzando specifiche applicazioni.

Figura 1 – Azure Security Center Free vs Standard tier

Adaptive application controls può essere utilizzato sui sistemi indipendentemente dalla loro location geografica. Al momento per i sistemi non dislocati in Azure e per le VMs Linux, è supportata solamente la modalità di audit.

Questa funzionalità può essere attivata direttamente dal portale Azure accedendo al Security Center.

Figura 2 – Adaptive application controls nella sezione “Advanced cloud defense” di Security Center

Security Center utilizza un algoritmo proprietario per la creazione automatica di gruppi di macchine con caratteristiche simili, per facilitare l’applicazione delle policy di Application Control.

Dall’interfaccia di gestione i gruppi sono divisi in tre tipologie:

  • Configured: lista i gruppi contenenti VMs dove è configurata questa funzionalità.
  • Recommended: sono presenti i gruppi di sistemi dove è raccomandata l’abilitazione del controllo applicativo. Security Center utilizza meccanismi di machine learning per identificare le VMs sulle quali vengono eseguiti regolarmente sempre gli stessi applicativi, e pertanto risultano delle buone candidate per abilitare il controllo applicativo.
  • Unconfigured: elenco dei gruppi che contengono le VMs per le quali non sono presenti raccomandazioni specifiche riguardanti il controllo applicativo. Per esempio, VMs che eseguono sistematicamente applicative differenti.

Figura 3 – Tipologie di gruppi

Cliccando sui gruppi di macchine virtuali sarà possibile gestire le Application control rules, che permetteranno di creare delle regole in grado di valutare l’esecuzione delle applicazioni.

Figura 4 – Configurazione delle Application control rules

Per ogni singola regola si selezionano le macchine sulle quali applicarla e le applicazioni che si intende consentire. Per ogni applicazione vengono riportate le informazioni di dettaglio, in particolare, nella colonna “Expoitable” viene indicato se si tratta di una applicazione che può potenzialmente essere utilizzata in modo malevolo per bypassare la lista delle applicazioni consentite. Per questa tipologia di applicazioni è opportuno prestare molta attenzione prima di consentirle.

Questa configurazione, per i sistemi Windows, comporta la creazione di specifiche regole di Applocker, tramite le quali viene governata l’esecuzione delle applicazioni.

Di default, Security Center abilita il controllo applicativo in modalità Audit, limitandosi a controllare l’attività nelle macchine virtuali protette senza applicare nessun blocco sull’esecuzione delle applicazioni. Per ogni singolo gruppo, dopo aver verificato che la configurazione effettuata non comporta malfunzionamenti sui workload presenti sui sistemi, è possibile portare il controllo applicativo in modalità Enforce, purché siano macchine virtuali Windows in ambiente Azure, per bloccare l’esecuzione delle applicazioni non espressamente consentite. Sempre dalla stessa interfaccia è possibile cambiare il nome del gruppo dei sistemi.

Figura 5 – Cambio del nome e della modalità di protezione

Al termine di questa configurazione saranno riportate, nel pannello principale di Security Center, le notifiche riguardanti potenziali violazioni nell’esecuzione delle applicazioni rispetto a quanto consentito.

Figura 6 – Notifiche di violazione dell’esecuzione delle applicazioni in Securiy Center

Figura 7 – Lista completa delle violazioni riscontrate

Figura 8 – Esempio di segnalazione

Conclusioni

La funzionalità di Adaptive application controls consente con pochi passaggi di abilitare in modo rapido un controllo approfondito sulle applicazioni che vengono eseguite sui propri sistemi. La configurazione risulta semplice e intuitiva, soprattutto grazie alla funzionalità che permette di raggruppare i sistemi che hanno caratteristiche simili per quanto riguarda l’esecuzione degli applicativi. Si tratta pertanto di un importante meccanismo che consente di prevenire potenziali minacce di sicurezza e di ridurre al minimo le superfici di attacco del proprio ambiente. Sommato alle ulteriori funzionalità, Adaptive application controls contribuisce a rendere Security Center una soluzione completa per la protezione dei propri workload.

Come accedere remotamente alle macchine virtuali in ambiente Azure

Poter accedere tramite RDP (Remote Desktop Protocol) oppure via SSH (Secure SHel) alle macchine virtuali presenti in Azure è un’esigenza fondamentale per gli amministratori di sistema. L’esposizione diretta di questi protocolli su Intenet è sicuramente una pratica da evitare in quanto comporta un elevato rischio di security. In questo articolo vengono riportate le differenti metodologie che è possibile adottare per accedere remotamente ai sistemi presenti su Azure e le caratteristiche di ciascuna di essa.

Anche recentemente Microsoft ha rilasciato un aggiornamento di sicurezza considerato critico e indirizzato alla risoluzione della vulnerabilità CVE-2019-0708 individuata sul servizio Remote Desktop per diversi sistemi operativi. Tale vulnerabilità permette l’esecuzione di codice tramite protocollo RDP consentendo così di prendere il controllo completo del sistema remoto. Questa vulnerabilità viene portata a titolo di esempio per evidenziare quanto sia effettivamente rischioso pubblicare in Internet questi protocolli di accesso. Per questa ragione è opportuno valutare l’adozione di una delle soluzioni in seguito riportate per avere una maggiore sicurezza.

Figura 1 – RDP/SSH attack

Accesso VPN

Per disporre di un semplice accesso amministrativo verso la Virtual Network di Azure è possibile attivare un VPN di tipologia Point-to-Site (P2S). Tramite le VPN P2S è possibile instaurare la connettività da una singola postazione verso l’ambiente Azure, in modo semplice e sicuro. Stabilita la connessione VPN si avrà la possibilità di accedere remotamente ai sistemi presenti in Azure. Per maggiori informazioni sulle VPN P2S vi invito a leggere l’articolo Azure Networking: l’accesso VPN Point-to-Site e le novità introdotte. Adottando questa metodologia è opportuno tenere in considerazioni il numero massimo di connessioni possibili per singolo Azure VPN Gateway.

Figura 2 – Protocolli disponibili per le VPN P2S

Just-in-Time VM Access

Si tratta di una funzionalità disponibile in Azure Security Center Standard Tier, che consente di applicare le configurazioni necessarie ai Network Security Group (NSG) e recentemente anche ad Azure Firewall per consentire un accesso amministrativo ai sistemi, opportunamente filtrato per IP sorgente e per un determinato periodo di tempo. Just-in-Time VM Access consente di effettuare le configurazioni necessarie per accedere remotamente ai sistemi in modo rapido, mirato e solo per un periodo temporale ben specifico. Senza l’utilizzo di questa funzionalità sarebbe necessario creare manualmente apposite regole all’interno dei NSG oppure in Azure Firewall (NAT Rule), ricordandosi di rimuoverle quando non più necessarie.

Figura 3 – Richiesta di accesso tramite Just-in-Time VM Access

Jumpbox

Uno scenario che viene in alcune situazioni utilizzato è la presenza di una macchina virtuale (Jumpbox) accessibile remotamente e dislocata in una subnet opportunamente isolata, che viene utilizzata per accedere a diversi altri sistemi in comunicazione con quella subnet. In una architettura di rete che rispecchia la topologia hub-spoke, tipicamente questo sistema viene posizionato nella rete di Hub, ma è comunque consigliato applicare dei filtri per fare in modo che tale sistema sia raggiungibile solo da determinati indirizzi IP pubblici, senza esporlo direttamente in Internet. In questo scenario è opportuno tenere in considerazione che si avranno a disposizione al massimo due connessioni remote contemporaneamente per singola Jumpbox.

Figura 4 – Posizionamento della Jumpbox in una architettura hub-spoke

Azure Bastion

Si tratta di un servizio PaaS, recentemente annunciato in preview da Microsoft, che offre un accesso RDP ed SSH sicuro e affidabile alle macchine virtuali, direttamente tramite il portale di Azure. Il provisioning del servizio Azure Bastion viene effettuato all’interno di una Virtual Network di Azure e supporta l’accesso a tutte le macchine virtuali su di essa attestate, senza dover esporre degli indirizzi IP pubblici.

Figura 5 – Architettura di Azure Bastion

Per maggiori dettagli a riguardo vi invito a leggere l’articolo Azure Bastion: un nuovo modello di sicurezza di Silvio Di Benedetto.

Azure Bastion è un servizio a pagamento, per ottenere i dettagli sui costi è possibile accedere alla pagina Azure Bastion pricing.

Al momento è opportuno tenere in considerazione che Azure Bastion e Just-in-Time VM Access non possono essere utilizzati per accedere agli stessi sistemi.

SSL Gateway

Una soluzione molta valida in termini di sicurezza potrebbe essere quella di implementare in ambiente Azure una architettura Remote Desktop Services, che prevede l’utilizzo del ruolo Remote Desktop Gateway, appositamente pensato per essere direttamente esposto verso Internet (porta TCP 443). Grazie a questo componente è possibile incapsulare il traffico RDP in un tunnel HTTP over TLS/SSL. Il Remote Desktop Gateway supporta inoltre la Multi-Factor Authentication che consente di aumentare ulteriormente il livello di sicurezza per l’accesso remoto alle risorse. Una soluzione analoga è disponibile anche in ambiente Citrix. In questo ambito sarà necessario considerare, oltre ai costi legati ai componenti Azure, anche i costi di licenza.

Figura 6 – Possibile architettura Remote Desktop Services in ambiente Azure

Conclusioni

Diverse sono le possibilità per garantire un accesso remoto sicuro ai sistemi presenti in ambiente Azure. Il nuovo servizio Azure Bastion è un metodo sicuro e semplice, ma che necessita di essere ampliato con ulteriori funzionalità, tra le più importanti c’è sicuramente il supporto per Virtual Network in peering e per la multi-factor authentication. Tali funzionalità con molta probabilità saranno già disponibili nel momento dell’effettivo rilascio. In attesa di poter utilizzare Azure Bastion in ambiente di produzione è possibile adottare gli altri metodi riportati, evitando così di dover esporre i sistemi in modo non protetto verso internet.

Sicurezza nel cloud con la soluzione Azure Sentinel

Microsoft ha recentemente annunciato una nuova soluzione cloud chiamata Azure Sentinel. Si tratta di un servizio che intende ampliare le capacità e le potenzialità dei prodotti SIEM (Security Information and Event Management) tradizionali, andando ad utilizzare le potenzialità del cloud e l’intelligenza artificiale per poter identificare rapidamente e gestire le minacce di security che interessano la propria infrastruttura. In questo articolo vengono riportate le caratteristiche principali della soluzione.

Azure Sentinel è una soluzione che permette in tempo reale di analizzare eventi e informazioni di security generati all’interno della propria infrastruttura ibrida, provenienti da server, applicazioni, dispositivi e utenti. Si tratta di un servizio totalmente cloud-based, ne consegue che si può facilmente scalare ed avere elevate velocità nell’elaborazione delle informazioni, senza la necessità di dover implementare e gestire un’infrastruttura dedicata, per intercettare potenziali minacce di sicurezza.

Il servizio Azure Sentinel può essere attivato direttamente dal portale Azure:

Figura 1 – Creazione del servizio Azure Sentinel

Principi di funzionamento di Azure Sentinel

Raccogliere i dati all’interno dell’infrastruttura

Azure Sentinel si appoggia ad Azure Monitor che, utilizzando l’ormai collaudato e scalabile repository di Log Analytics, è in grado di ospitare una elevata mole di dati, i quali è possibile elaborarli efficacemente grazie a un motore che garantisce elevate performance.

Figura 2 – Aggiunta di Azure Sentinel a un workspace Log Analytics esistente

Con Azure Sentinel è possibile aggregare differenti dati di sicurezza provenienti da numerose fonti, utilizzando degli appositi connettori incorporati nella soluzione. Azure Sentinel è in grado di connettersi, oltre a differenti soluzioni della platform, anche alle soluzioni di rete più diffuse e popolari di vendor di terze parti, tra cui Palo Alto Networks, F5, Symantec, Fortinet e Check Point. Azure Sentinel dispone anche di una integrazione nativa con i log che rispettano i formati standard, come common event e syslog.

Figura 3 – Data Connectors

Utilizzando questa soluzione si ha inoltre la possibilità di importare facilmente i dati provenienti da Microsoft Office 365 e combinarli con altri dati di sicurezza, al fine di ottenere un’analisi dettagliata del proprio ambiente e avere visibilità sull’intera sequenza di un attacco.

Figura 4 – Office 365 Connector

Azure Sentinel si integra inoltre con l’API di Microsoft Graph Security, che consente di importare i propri feed di threat intelligence e di personalizzare le regole di rilevamento di potenziali incidenti di sicurezza e di notifica.

Analizzare e individuare rapidamente le minacce utilizzando l’intelligenza artificiale

Azure Sentinel utilizza algoritmi scalabili di apprendimento automatico, in grado di correlare una elevata quantità di dati di sicurezza, per presentare all’analista solo potenziali incidenti di sicurezza, il tutto con un elevato livello di affidabilità. Grazie a questo meccanismo Azure Sentinel si differenzia dalle altre soluzioni SIEM, che adottano motori di correlazione tradizionali, riducendo drasticamente il rumore e di conseguenza l’effort per le valutazioni necessarie nella rilevazione delle minacce.

Figura 5 – Azure Sentinel Overview

In seguito all’abilitazione dei Data Collector necessari, si inizieranno a ricevere i dati nel workspace di Log Analytics e configurando delle Alert Rules, è possibile generare dei Cases per segnalare delle potenziali minacce di sicurezza. Per maggiori dettagli su come rilevare dei threats con Azure Sentinel si rimanda alla documentazione ufficiale Microsoft.

Indagare attività di security sospette

I dati elaborati dalla soluzione sono consultabili utilizzando delle dashboard, personalizzabili in base alle proprie esigenze. Le dashboard consentono di condurre le indagini riducendo i tempi necessari per comprendere la portata di un attacco e il suo impatto.

Figura 6 – Dashboard disponibili in Azure Sentinel

Figura 7 – Azure Network Watcher dashboard

Nel caso vengano rilevate delle minacce di sicurezza, a fronte delle Alert Rule impostate, viene generato un Case, per il quale è possibile impostare la severity, lo status e la relativa assegnazione.

Figura 8 – Cases

Tramite la console è possibile procedere con l’investigation del case:

Figura 9 – Case Investigation

Nelle stesse dashboard è anche possibile compiere azioni. Le attività di ricerca proattiva di operazioni sospette sono un aspetto fondamentale per gli analisti della sicurezza, che con Azure Sentinel possono essere effettuate tramite due funzionalità specifiche che consentono di automatizzare l’analisi: query di ricerca (hunting queries) e Azure Notebooks (basati sui notebook Jupyter), che vengono costantemente aggiornati.

Figura 10 – Hunting queries

Figura 11 – Esempio di un Azure Notebook

Automatizzare le attività comuni e la risposta alle minacce

Azure Sentinel fornisce la possibilità di automatizzare e orchestrare le risposta ai problemi più comuni, in modo da non dover compiere manualmente attività ripetitive. Tramite dei playbooks predefiniti e personalizzabili è possibile rispondere rapidamente alle minacce di sicurezza.

Figura 12 – Alert playbooks

Figura 13 – Logic Apps Designer

Microsoft ha inoltre annunciato che saranno aumentati gli strumenti di difesa e investigazione integrati nella soluzione.

Conclusioni

Azure Sentinel è una soluzione completa che fornisce un SIEM nativo nel cloud e introduce importanti benefici rispetto alle soluzioni SIEM tradizionali, le quali richiedono di sostenere costi elevati per la manutenzione dell’infrastruttura e per l’elaborazione dei dati. Azure Sentinel consente ai clienti di semplificare le attività necessarie per mantenere elevata la sicurezza dell’infrastruttura e di scalare gradualmente in base alle proprie esigenze, mettendo a disposizione un’ampia integrazione con soluzioni di terze parti.

Azure management services e System Center: novità di Febbraio 2019

Il mese di Febbraio è stato ricco di novità e diversi sono gli aggiornamenti che hanno interessato gli Azure management services e System Center. In questo articolo vengono riepilogati per avere una panoramica complessiva delle principali novità del mese, in modo da rimanere sempre aggiornati su questi argomenti ed avere i riferimenti necessari per condurre ulteriori approfondimenti.

Azure Monitor

Multi-resource support per metric alerts

Grazie a questa nuova funzionalità è possibile configurare una singola metric alert rule per monitorare:

  • Una lista di macchine virtuali in una region Azure.
  • Tutte le macchine virtuali in uno o più resource groups in una region Azure.
  • Tutte le macchine virtuali di una subscription, presenti in una determinata region Azure.

Azure Automation

Il runbook Update Azure Modules è open source

Azure Automation consente di aggiornare i moduli Azure Powershell importati in un automation account con le ultime versioni disponibili presenti nella PowerShell Gallery. Tale possibilità viene fornita tramite l’action Update Azure Modules presente nella pagina Modules dell’Automation Account, ed è implementata tramite un runbook nascosto. Al fine di migliorare le attività di diagnostica e troubleshooting e di fornire la possibilità di personalizzazione del modulo, questo è stato reso open source.

Supporto per il modulo Azure PowerShell Az

In Azure Automation è stato introdotto il supporto per il modulo PowerShell Az, grazie al quale è possibile utilizzare i moduli Azure aggiornati all’interno dei runbook, per gestire i vari servizi Azure.

Azure Log Analytics

Nuova versione dell’agente per Linux

Questo mese la nuova versione dell’agente OMS per sistemi Linux risolve un bug specifico in fase di installazione. Per ottenere la versione aggiornata dell’agente OMS è possibile accedere alla pagina ufficiale GitHub.

Disponibilità in nuove region di Azure

Risulta possibile attivare un workspace di Log Analytics anche nelle region Azure di West US 2, Australia East e Australia Central. In questo modo i dati vengono mantenuti e processati in queste region.

Azure Site Recovery

Nuovo Update Rollup

Per Azure Site Recovery è stato rilasciato l’Update Rollup 33 che introduce nuove versioni per i seguenti componenti:

  • Microsoft Azure Site Recovery Unified Setup (versione 9.22.5109.1): utilizzato per scenari di replica da VMware verso Azure.
  • Microsoft Azure Site Recovery Provider (versione 5.1.3900.0): utilizzato per scenari di replica da Hyper-V verso Azure oppure verso un secondary site.
  • Microsoft Azure Recovery Services Agent (versione 2.0.9155.0): utilizzato per scenari di replica da Hyper-V verso Azure.

L’installazione di questo update rollup è possibile su tutti i sistemi con installato Microsoft Azure Site Recovery Service Provider, includendo:

  • Microsoft Azure Site Recovery Provider per System Center Virtual Machine Manager (3.3.x.x).
  • Microsoft Azure Site Recovery Hyper-V Provider (4.6.x.x).
  • Microsoft Azure Site Recovery Provider (5.1.3500.0) e versioni successive.

L’Update Rollup 33 per Microsoft Azure Site Recovery Unified Setup si applica a tutti i sistemi che hanno installato la versione 9.17.4860.1 o successive.

Per ottenere maggiori informazioni sulle problematiche risolte, sugli improvements dati da questo Update Rollup e per ottenere la procedura da seguire per la relativa installazione è possibile consultare la KB specifica 4489582.

Protezione di cluster Storage Space Direct

In Azure Site Recovery (ASR) è stato introdotto, con l’Update Rollup 33, anche il supporto per la protezione di cluster Storage Space Direct, utilizzati per realizzare Guest Cluster in ambiente Azure.

Azure Backup

In Azure Backup è stata rilasciata la funzionalità di Instant Restore per le macchine virtuali presenti su Azure, che consente di effettuare il recovery di VMs utilizzando le snapshots archiviate. Inoltre viene data la possibilità all’amministratore di configurare i tempi di retention delle snapshot nelle policy di backup (da uno a cinque giorni, il default è due giorni). Questo consente di aumentare il controllo sulla protezione delle proprie risorse, adattandola su specifiche esigenze e in base alla criticità delle stesse.

Figura 1 – Periodo di retention delle snapshot

System Center Configuration Manager

Rilasciate le versioni 1902 e 1902.2 per il Technical Preview Branch

Tra le principali novità di queste release troviamo la possibilità di gestire in modo più efficace le notifiche di riavvio sui sistemi gestiti da Configuration Manager.

Per tutti i dettagli riguardanti le novità incluse in queste release è possibile consultare questo documento. Si ricorda che i rilasci nel Technical Preview Branch consentono di valutare in anteprima le nuove funzionalità di SCCM ed è consigliato applicare questi aggiornamenti solo in ambienti di test.

System Center Operations Manager

Management Packs

In seguito, si riportano le novità riguardanti i seguenti Management Pack di SCOM:

  • Microsoft System Center 2016 Management Pack per Microsoft Azure version 1.6.0.7
  • Microsoft System Center Management Pack per SQL Server 2017+ Reporting Services version 7.0.12.0
  • Log Analytics Management Pack per SCOM 1801 versione 7.3.13288.0 e SCOM 2016 versione 7.2.12074.0
  • System Center Management Pack per Windows Server DNS versione 10.0.9.3

Valutazione di Azure e System Center

Per testare e valutare in modo gratuito i servizio offerti da Azure è possibile accedere a questa pagina, mentre per provare i vari componenti di System Center è necessario accedere all’Evaluation Center e, dopo essersi registrati, è possibile avviare il periodo di trial.

Azure management services e System Center: novità di Gennaio 2019

Il nuovo anno è iniziato con diversi annunci da parte di Microsoft riguardanti novità relative agli Azure management services e a System Center. La Cloud Community rilascia mensilmente questo riepilogo, che consente di avere una panoramica complessiva delle principali novità del mese, in modo da rimanere sempre aggiornati su questi argomenti ed avere i riferimenti necessari per condurre eventuali approfondimenti.

Come già annunciato nei mesi scorsi, le funzionalità di monitoring, management, e security di Operations Management Suite (OMS) sono state incluse nel portale Azure. Dal 15 gennaio 2019 il portale OMS è stato ufficialmente ritirato e tutte le funzionalità sono usufruibili dal portale Azure.

Azure Monitor

Azure Monitor logs in Grafana

Per Azure Monitor è stato annunciato un nuovo pluging per effettuare l’integrazione con Grafana. Grazie a questo pluging è possibile consultare in modo semplice e intuitivo qualsiasi dato raccolto in Log Analytics. Il plugin richiede almeno la versione 5.3 di Grafana e tramite le API di Log Analytics recupera le informazioni direttamente dal workspace, rendendole usufruibili direttamente dalle dashboard di Grafana. Per maggiori informazioni è possibile consultare la documentazione ufficiale Microsoft.

Figura 1 – Integrazione di Log Analytics in Grafana

Azure Monitor per containers

Durante il mese di gennaio l’agente di Azure Monitor per containers (build version 01/09/19) è stato aggiornato per introdurre miglioramenti nella stabilità e nelle performance. L’agente in ambienti cluster Azure Kubernetes Service (AKS) sarà aggiornato automaticamente. Per maggiori informazioni a riguardo è possibile consultare le release notes dell’agente.

Azure Security Center

Nuova dashboard sulle conformità normative

In Azure Monitor è stata resa disponibile una nuova dashboard che riporta lo stato di compliance dell’ambiente rispetto a specifici standard e normative. Al momento gli standard supportati sono: Azure CIS, PCI DSS 3.2, ISO 27001, e SOC TSP. Nella dashboard viene riportato il punteggio complessivo di conformità e il dettaglio delle valutazioni che riporta lo stato di conformità rispetto a ogni standard.

Figura 2 – Regulatory compliance dashboard in Azure Security Center

Azure Backup

Introdotto il supporto per PowerShell e per le ACLs per Azure Files

Nello scenario di protezione delle Azure file shares utilizzando Azure Backup sono state introdotte le seguenti funzionalità:

Azure Site Recovery

Nuovo Update Rollup

Per Azure Site Recovery è stato rilasciato l’Update Rollup 32 che introduce nuove versioni per i seguenti componenti:

  • Microsoft Azure Site Recovery Unified Setup (versione 9.21.5091.1): utilizzato per scenari di replica da VMware verso Azure.
  • Microsoft Azure Site Recovery Provider (versione 5.1.3800.0): utilizzato per scenari di replica da Hyper-V verso Azure oppure verso un secondary site.
  • Microsoft Azure Recovery Services Agent (versione 2.0.9144.0): utilizzato per scenari di replica da Hyper-V verso Azure.

L’installazione di questo update rollup è possibile su tutti i sistemi con installato Microsoft Azure Site Recovery Service Provider, includendo:

  • Microsoft Azure Site Recovery Provider per System Center Virtual Machine Manager (3.3.x.x).
  • Microsoft Azure Site Recovery Hyper-V Provider (4.6.x.x).
  • Microsoft Azure Site Recovery Provider (5.1.3400.0) e versioni successive.

L’Update Rollup 31 per Microsoft Azure Site Recovery Unified Setup si applica a tutti i sistemi che hanno installato la versione 9.17.4860.1 o successive.

Per ottenere maggiori informazioni sulle problematiche risolte, sugli improvements dati da questo Update Rollup e per ottenere la procedura da seguire per la relativa installazione è possibile consultare la KB specifica 4485985.

Nuovi statement di supporto

In Azure Site Recovery sono state recentemente inclusi i seguenti miglioramenti:

  • Supporto per server fisici con boot di tipologia UEFI. Nonostante in Azure non siano supportate VMs con dischi di boot UEFI, ASR è in grado di gestire la migrazione di questi sistemi effettuando una conversione della tipologia di boot in BIOS, anche per i server fisici e non solo per quelli virtuali. Tale funzionalità è solo per macchine virtuali Windows (Windows Server 2012 R2 e successivo).
  • Supporto per sistemi che hanno directory di sistema ( /[root], /boot, /usr, etc.) anche su dischi differenti rispetto a quello dell’OS e supporto di /boot su volume LVM.
  • Esteso il supporto per la migrazione dei server da AWS anche per i seguenti SO: RHEL 6.5+, RHEL 7.0+, CentOS 6.5+ e CentOS 7.0+

System Center

System Center Configuration Manager

Versione 1901 per il branch Technical Preview di System Center Configuration Manager.

Tra le principali novità di questa release troviamo una nuova dashboard interattiva di client health che riporta una overview dello stato di salute dei client ed errori comuni presenti nel proprio ambiente, con la possibilità di applicare filtri per escludere i client offline e obsoleti.

Figura 3  – Nuova dashboard di Client Health

Per tutti i dettagli riguardanti le novità incluse in questa release è possibile consultare questo documento. Si ricorda che i rilasci nel Technical Preview Branch consentono di valutare in anteprima le nuove funzionalità di SCCM ed è consigliato applicare questi aggiornamenti solo in ambienti di test.

System Center Operations Manager

Management Packs

In seguito, si riportano le novità riguardanti i seguenti Management Pack di SCOM:

  • Microsoft System Center 2016 Management Pack per Microsoft Azure version 1.6.0.7
  • Microsoft System Center Management Pack per SQL Server 2017+ Reporting Services version 7.0.12.0
  • Log Analytics Management Pack per SCOM 1801 versione 7.3.13288.0 e SCOM 2016 versione 7.2.12074.0

Valutazione di Azure e System Center

Per testare e valutare in modo gratuito i servizio offerti da Azure è possibile accedere a questa pagina, mentre per provare i vari componenti di System Center è necessario accedere all’Evaluation Center e, dopo essersi registrati, è possibile avviare il periodo di trial.

La protezione da attacchi DDoS in Azure

Un attacco informatico di tipologia denial-of-service distribuito (attacco DDoS – Distributed Denial of Service) è rivolto a far esaurire deliberatamente le risorse di un determinato sistema che eroga un servizio ai client, come ad esempio un sito web ospitato su dei web server, al punto da renderlo non più in grado di erogare il servizio a coloro che lo richiedono in modo legittimo. In questo articolo saranno riportate le caratteristiche della protezione che è possibile avere in Azure per questa tipologia di attacchi, in modo da proteggere al meglio le applicazioni presenti sul cloud e garantire la loro disponibilità a fronte di attacchi DDoS.

Gli attacchi DDoS sono sempre più diffusi e sofisticati, al punto da poter raggiungere dimensioni, in termini di larghezza di banda, sempre più importanti, che ne rendono difficoltosa la protezione e aumentano le possibilità di apportare un downtime ai servizi pubblicati, con un impatto diretto sul business aziendale.

Figura 1 – DDoS Attack Trends

Spesso questa tipologia di attacchi viene inoltre utilizzata dagli hackers per distrarre le aziende e mascherare altre tipologie di attacchi informatici (cyber Smokescreen).

 

Caratteristiche della soluzione

In Azure la protezione da attacchi DDoS è disponibile in due differenti tiers: Basic oppure Standard.

Figura 2 – Comparativa delle funzionalità dei tiers disponibili per la protezione DDoS

La protezione Basic è abilitata di default nella piattaforma Azure, la quale effettua costantemente il monitor del traffico e applica in tempo reale delle mitigazioni agli attacchi di rete più comuni. Questo tier fornisce lo stesso livello di protezione adottato e collaudato dai servizi online di Microsoft ed è attiva per gli indirizzi IP Pubblici di Azure (Pv4 e IPv6). Non è richiesta alcun tipo di configurazione per il tier Basic.

L’Azure DDoS Protection di tipologia Standard fornisce delle funzionalità di mitigation aggiuntive rispetto al tier Basic, che sono ottimizzate in modo specifico per le risorse dislocate nelle virtual network di Azure. Le policy di protezione sono auto-configurate e vengono ottimizzate effettuando un monitoraggio specifico del traffico di rete e applicando degli algoritmi di machine learning, che consentono di profilare nel modo più opportuno e flessibile il proprio applicativo studiando il traffico generato. Nel momento in cui vengono superate le soglie impostate nella policy di DDoS, viene in automatico avviato il processo di DDoS mitigation, il quale viene sospeso nel momento in cui si scende al di sotto delle soglie di traffico stabilite. Queste policy vengono applicate a tutti gli IP pubblici Azure (IPv4) associati alle risorse presenti nelle virtual network, come: macchine virtuali, Azure Load Balancer, Azure Application Gateway, Azure Firewall, VPN Gateway e istanze Azure Service Fabric. Questa protezione non si applica agli App Service Environments.

Figura 3 – Panoramica dell’Azure DDoS Protection Standard

L’Azure DDoS Protection di tipologia Standard è in grado di far fronte ai seguenti attacchi:

  • Volumetric attacks: l’obiettivo di questi attacchi è di inondare la rete con una quantità considerevole di traffico apparentemente legittimo (UDP floods, amplification floods, e altri spoofed-packet floods).
  • Protocol attacks: questi attacchi puntano a rendere inaccessibile una specifica destinazione, sfruttando un punto debole che viene individuato nel layer 3 e nel layer 4 dello stack (ad esempio SYN flood attacks e reflection attacks).
  • Resource (application) layer attacks: questi attacchi hanno come obiettivo i pacchetti delle Web application, al fine di interrompere la trasmissione di dati tra i sistemi. Gli attacchi di questo tipo includono: violazioni del protocollo HTTP, SQL injection, cross-site scripting e altri attacchi di livello 7. Per proteggersi da attacchi di questa tipologia non è sufficiente la protezione DDoS standard, ma è necessario utilizzarla in concomitanza con il modulo Web Application Firewall (WAF) disponibile nell’Azure Application Gateway, oppure con soluzione web application firewall di terze parti, disponibili nel marketplace di Azure.

 

Abilitazione della protezione DDoS Standard

La protezione DDoS Standard viene attivata a livello di virtual network ed è contemplata per tutte le risorse che risiedono al suo interno. L’attivazione dell’Azure DDoS Protection Standard richiede di creare un DDoS Protection Plan che raccoglie le virtual network con la protezione DDoS Standard attiva, cross subscription.

Figura 4 – Creazione di un DDoS Protection Plan

Il protection Plan viene creato in una determinata subscription, alla quale saranno associati i costi della soluzione.

Figura 5 – Abilitazione della protezione DDoS Standard su una Virtual Network esistente

Il tier Standard fornisce una telemetria in tempo reale che è consultabile tramite viste in Azure Monitor.

Figura 6 – Metriche DDoS disponibili in Azure Monitor

Qualsiasi metrica relativa alla protezione DDoS può essere utilizzata per generare degli alert. Utilizzando la metrica “Under DDoS attack” si può essere avvisati nel momento in cui viene rilevato un attacco DDoS e viene applicata una azione di mitigation.

La protezione DDoS Standard applica tre auto-tuned mitigation policies (TCP SYN, TCP & UDP) per ogni IP Pubblico associato a una risorsa protetta, che risiede quindi su una virtual network con il servizio DDoS standard attivo.

Figura 7 – Metriche di mitigation disponibili in Azure Monitor

Per effettuare la generazione di report, riguardanti le azioni svolte per mitigare gli attacchi DDoS, è necessario configurare le impostazioni di diagnostica.

Figura 8 – Diagnostics Settings in Azure Monitor

Figura 9 – Abilitazione diagnostica su IP Pubblico per collezionare i log DDoSMitigationReports

Nelle impostazioni di diagnostica c’è la possibilità di collezionare anche altri log relativi alle attività di mitigation e alle notifiche. Per maggiori informazioni a riguardo è possibile consultare la sezione Configure DDoS attack analytics della documentazione Microsoft. Le metriche per la protezione DDoS Standard vengono mantenute in Azure Moniotr per 30 giorni.

Figura 10 – Attack flow logs in Azure Log Analytics

Come testare l’efficacia della soluzione

Microsoft ha instaurato una partnership con BreakingPoint Cloud che, grazie a una interfaccia molto intuitiva, consente di generare del traffico, verso gli IP Pubblici di Azure, per simulare un attacco DDoS. In questo modo è possibile:

  • Validare l’effettiva efficacia della soluzione.
  • Simulare ed ottimizzare le risposte a fronte di incident relativi ad attacchi DDoS.
  • Documentare il livello di compliance per attacchi di questa tipologia.
  • Formare il network security team.

Costi della soluzione

Il tier Basic non prevede nessun costo, mentre l’abilitazione della protezione DDoS Standard prevede un prezzo mensile fisso (non trascurabile) e un addebito per i dati che vengono elaborati. Il prezzo mensile fisso include la protezione per 100 risorse, superate le quali è previsto un costo unitario aggiuntivo per ogni risorsa protetta. Per maggiori dettagli sui costi di Azure DDoS Protection Standard è possibile consultare la pagina ufficiale Microsoft.

Conclusioni

La protezione da attacchi DDoS in Azure ci consente di avere sempre attiva una protezione di base per far fronte ad attacchi di questo tipo. A seconda della criticità applicative si può valutare l’abilitazione della protezione Standard, che in concomitanza con una soluzione di web application firewall, consente di avere funzionalità complete per mitigare attacchi distribuiti di denial-of-service.